Blackfield II

Blackfield II

Non più minimalismo sonoro, ma maggiore profondità, questo è Blackfield II

Colpevolmente non è presente nell’archivio di Metallus un album raffinato e colto come l’esordio omonimo dei Blackfield datato 2004 e a ciò vedremo di porre rimedio il prima possibile; per ora andiamo a trattare con immutato entusiasmo Blackfield II la seconda opera del duo inglese/israeliano che se qualche anno addietro pareva essere una delle tante valvole di sfogo dell’incontenibile creatività di Steven Wilson col passare del tempo (tra tour e altre esperienze) è diventata una “seconda famiglia” per il musicista/produttore.

Tramite l’incontro col pop singer israeliano Aviv Geffen il nostro ha dato più spazio al lato “mellow” del suo songwriting proprio mentre i Porcupine Tree indurivano e complicavano le proprie strutture compositive.

Di alcune sferzate presenti nell’opener ‘Once’ non vi era traccia nel debut anche se a onor del vero Blackfield II si riposiziona poi sui binari stilistici che ci saremmo aspettati, sviluppando ed elaborando maggiormente le composizioni (da qui la maggiore durata del CD); ‘Christenings’, anche per la presenza di Gavin Harrison e Richard Barbieri, sembra una outtake del repertorio dei “porcospini” e rimane uno degli highlight del disco insieme alla ritmata ‘Epidemic’ già sentita nel precedente e primo tour della band.

Gli arrangiamenti orchestrali sono sontuosi per tutta la durata di Blackfield II con alcuni picchi emotivi all’altezza di ‘Some Day’ e ‘End Of The World’; forse la sorpresa al cospetto di questa vera e propria band (la line up si è ormai stabilizzata) non è stata la stessa di tre anni orsono anche se il duo cosmopolita ha deciso di perseguire altri obiettivi per questa seconda release: non più la ricerca della pop song perfetta ma largo ad un lato dark decisamente più marcato (anche nelle liriche).

Non più minimalismo sonoro ma maggior profondità che si delinea anche dopo ripetuti ascolti. Blackfield II insomma è un continuo crescendo di emozioni che lascia nell’ascoltatore un’unica aspettativa: il terzo lavoro sarà un terzo capolavoro o solo un buon album?