Grace For Drowning

Grace For Drowning

Grace For Drowning: un gioiello di puro jazz-rock.

Il secondo album solista di Steven Wilson si intitola Grace for Drowning e dopo averlo ascoltato credo davvero che sia una “grazia per annegamento” Solo che, invece di annegare in acqua, qui si annega nella musica, quella più oscura e profonda radicata al jazz-prog.

Immagino che Steven, come anche la maggior parte degli artisti che come lui compongono musica di un certo livello, spessore sonoro, qualità e ricercatezza, siano immersi, anzi in questo caso direi proprio “sommersi”, nella musica quotidianamente e che vivano quindi in uno stato di “Grazia”. Grace for Drowning è composto da due album, Deform to form a Star e Like dust i have cleared from my eye, che possono essere ascoltati anche separatamente (come consiglia di fare anche Steven).

Non c’è un vero e proprio leitmotiv che lega i brani o gli album; ad esempio ‘Index’ parla di un serial killer collezionista, mentre ‘Postcard’ sembra essere una triste canzone d’amore. Nel doppio album, tuttavia, l’unico filo conduttore è la musica, inevitabilmente influenzata anche dai lavori di remix che Steven ha fatto sugli album dei King Crimson, facendo tesoro di quelle sonorità, per farci rivivere quelle sensazioni di ascolto che si avevano ascoltando un disco degli anni ’70.

La lunga suite del secondo disco di Grace For Drowning, ‘Raider II’, con i suoi 23 minuti di durata, ne è un esempio. Il brano è caratterizzato da un inquietante inizio con sbalzi melodici, sembra si passi dall’ascolto dei Dream Theater a Miles Davis. Nello stesso brano tecnici riff di chitarra si alternano a darkeggianti cori, per poi riprendere tutto daccapo ma in modo diverso: si tratta di un brano decisamente complicato quanto bello, ma soprattutto contorto e dal finale interminabile.

Come quando ci si toglie la polvere dagli occhi, è la sensazione che si ha dopo aver ascoltando ‘Like Dust I have Cleared From My Eye’: tutto sembra più chiaro ora e l’ultimo brano scivola via dolcemente con un maestoso assolo di chitarra, dall’ottimo gusto per i palati più sopraffini, e va a concludere questa opera, sicuramente la più ambiziosa ed impegnativa per Steven.

Ascoltare questo lavoro inizialmente è piacevole ed emozionante allo stesso tempo, ma con degli ascolti più attenti e frequenti, la sensazione che si ha è quella che la musica ci voglia cingere in un abbraccio: un capolavoro dei nostri tempi! Tutte le edizioni (CD/LP/Deluxe/DVD e Blu-Ray) del nuovo album di Steven Wilson Grace for Drowning possono essere ordinate e saranno spedite durante la settimana prima della data di uscita dell’album prevista per il 26 settembre 2011. C’è anche una versione autografata disponibile al negozio HMV. 

Recensione di Evaristo Salvi;


Ogni volta che ascolto un nuovo lavoro di Steven Wilson ho l’impressione di essere investito da un mare di emozioni. Mi capitava al principio, quando scoprii i suoi Porcupine Tree nell’ormai lontano 1996 (con l’indimenticabile Signify) e mi capita ancora oggi che ho fra le mani questo suo nuovo lavoro solista.

Grace for Drowning è un nuovo tassello che va a completare un disegno cominciato con On the Sunday of Life (1991) a firma Porcupine Tree, un percorso lucido e determinato fin dall’inizio, che recupera suoni ed emozioni di quella che oggi chiamiamo musica “progressive”, corrente creativa del rock che finì la sua corsa intorno alla metà degli anni settanta.

Ufficialmente è il secondo album solista di Mr. Wilson, che segue il bellissimo Insurgentes del 2009, ma in realtà già i primi lavori dei Porcupine Tree sono opere soliste del geniale polistrumentista e compositore inglese.

L’album si presenta sotto forma di doppio cd, con titoli diversi per distinguerli (Deform to Form a Star e” Like Dust I Have Cleared From My Eye), ma in sostanza si tratta di due momenti di un’opera unica. Il primo cd si apre con ‘Grace for Drowning’ che serve un po’ da intro, subito seguita da ‘Sectarian’, che è una vera dichiarazione d’intenti. Il suono è quello del prog degli anni ’70: la mente ci riporta a Red dei King Crimson, ma anche al progressive italiano di formazioni come il Balletto di Bronzo o i Cervello.

Il suono di ‘Sectarian’ è quello dominante di tutto il nuovo lavoro di Wilson, un lavoro molto influenzato dall’universo crimsoniano, anche per la presenza di alcuni membri che hanno militato nella celebre band inglese e – forse – per la presenza dello stesso Fripp che aleggia in tutta l’opera. Grace for Drowning sembra un po’ distaccarsi dal suono floydiano che ricorre un po’ in tutti i lavori precedenti di Wilson, se non per alcune soluzioni che richiamano le tastiere di Richard Wright.

Un’altra nota importante è il ritorno dei fiati, che tanto furono determinanti in Stupid Dream, album cardine dei Porcupine Tree (1999), gestiti nuovamente da un Theo Travis in ottima forma, che accentuano l’accostamento ai King Crimson di Mel Collins e Ian McDonald.

Ma sarebbe sbagliato pensare al lavoro di Wilson come un operazione di nostalgico restauro di gloriosi suoni passati. Va detto che il nostro autore ha una sua cifra stilistica personalissima e che il suo “sound” è estremamente attuale, se non avanguardistico. Infatti il brano ‘Deform to Form a a Star’ è una dolce nenia in puro stile Wilson, subito riconoscibile nella sua delicata scrittura.

A seguire un altro gioiello, ‘No Part of Me’, che offre situazione melodiche alternate a parti strumentali più tese, con soluzioni che non dispiacerebbero al Peter Hammill più ispirato. ‘Postcard’ invece è semplicemente una canzone dolcissima che molto facilmente può entrare nel cuore di chi l’ascolta, con un piano dal sapore nostalgico ed uno sviluppo melodico davvero prezioso. In un sol colpo ‘Postcard’ supera l’intera esperienza Blackfield, gruppo che Wilson condivide con l’autore pop israeliano Aviv Geffen.
Con ‘Raider Prelude’ l’atmosfera torna cupa e sembra di sentire i cori ancestrali di Arvo Part.

‘Remainder the Black Dog’ ci riporta in pieno territorio progressive, con un ostinata scala al piano che non stonerebbe in ‘Pawn Hearts’ dei Van Der Graaf Generator. Improvvise folgorazioni ritmiche seguite da sospensioni caratterizzano questo che è sicuramente un brano chiave dell’album. 

Nel secondo cd i confini sembrano dilatarsi ulteriormente: dopo una cinematografica ‘Belle de Jour’ è il turno di ‘Index’, che si allontana dalle nebbie sognanti del progressive e per entrare nelle atmosfere claustrofobiche tipiche del trip hop. Qui la scrittura di Wilson compie un ulteriore balzo in avanti consegnandoci uno dei suoi migliori brani di sempre. A seguire ‘Track One’, una melodia squarciata da folgorazioni drammatiche, che creano un ponte con il suo album precedente Insurgentes.

Ma un altro brano chiave di questo Grace for Drowning è sicuramente ‘Raider II’, lunghissima suite con talmente tanti riferimenti musicali da stordire anche l’ascoltatore più preparato. Sicuramente va tracciato un parallelismo sonoro con Island dei King Crimson, album che Wilson conosce bene poiché ne ha curata la versione rimasterizzata insieme ad altri album del famoso gruppo inglese. Le trasformazioni sonore di ‘Raider II’ non risparmiano riferimenti al rock progressive nostrano, con soluzioni strumentali vicine a quelle tracciate dalla Premiata Forneria Marconi, o all’avventura canterburyana che mescolava rock e jazz con assoluta disinvoltura.

Il brano ‘Like Dust I Have Cleared from My Eye’ fa da suggello a questo nuovo, ricchissimo lavoro di Steven Wilson, opera piena di percorsi nuovi e misteriosi, di riti simbolici legati ad una natura ancestrale, ad un segreto esoterico che solo chi ha la grazia dell’uomo annegato nel mare della musica può possederne la chiave.

Adesso la chiave è anche vostra, aprite i cancelli e non abbiate paura.

Recensione di Paolo Pagnani;