Lightbulb Sun

Lightbulb Sun

Dopo poco più di un anno dall’uscita di Stupid Dream, correva infatti la Pasqua del 1999, ecco una nuova tappa del viaggio dei Porcupine Tree. Come sempre, il gruppo si ferma in una nuova stazione ed esplora nuovi territori musicali. Quanto diverso è questo Lightbulb Sun dal primo lavoro solista di Steven Wilson On the Sunday of Life!
Ma procediamo con ordine. Intendo fare questa recensione cercando di essere il più obiettivo possibile, criticando analiticamente la musica, se possibile, e non in confronto alle mie aspettative. Come fan dei PT fin dai tempi di The Sky Moves Sideways, mi sono dovuto adattare ogni volta ad un nuovo stile ed ogni volta ho apprezzato la genialità di Steven come musicista. Il mio cuore resta però legato a pezzi space rock come ‘The Sound of no-one Listening’.

Lightbulb Sun è però un ottimo album, ispirato come sempre, con momenti di una grandissima intensità emotiva. Si può dividerlo nettamente in due parti: i primi sei pezzi ed i rimanenti quattro, divisione sottolineata anche da una lunga pausa tra le tracce sul CD e da 6 pagine sul booklet! La prima parte che per durata è la più corta, comprende i pezzi più orientati verso la classica canzone rock, mentre la seconda parte è maggiormente dilatata e strumentale.

Dal punto di vista del suono, in Lightbulb Sun vi è un’evoluzione nel senso già intrapreso da Stupid Dream, con meno parti “space rock”, più spazio a chitarre acustiche ed ad una batteria più potente e coinvolgente (sembra che Steven abbia mollato un po’ la briglia a Chris). Ma la grande sorpresa è la voce. Steven si lancia molto di più in parti cantate e la tecnica è nettamente migliorata, coadiuvata da sorprendenti effetti e dal controcanto di Chris Maitland.

Le tastiere ed i sintetizzatori sono come sempre superbi, ma fanno la loro comparsa anche strumenti più insoliti come il banjo ed anche un magnifico quartetto d’archi. Una parola va spesa sul basso: Colin Edwin è incredibilmente trascinante. Il pezzo per me più bello, Hatesong, porta la sua firma assieme a quella di Steven, e mi aspetto che dal vivo sia il vero punto di forza dell’album.

Lightbulb Sun

La “title-track” questa volta è una canzone vera e propria, una bella canzone, inoltre. ‘Lightbulb Sun’ è musicalmente potente, con belle chitarre, sia acustiche che di sapore un po’ hard rock, un bel basso, una bellissima batteria. Come spesso accade ad un primo ascolto, il lavoro di Richard Barbieri non salta all’orecchio, ma come al solito c’è ed è incredibilmente in sintonia con quello di Steven, caratteristica peculiare dello stile dei PT.

Si nota subito il cantato, diverso dai precedenti album, molto più adatto allo stile rock di questo pezzo.

How is Your Life Today ?

‘How is Your Life Today?’ è un pezzo incredibile! L’immagine che mi fa venire in mente è quella di una giostra con cavallucci in movimento, con uno scintillio di luci che si riflette sugli specchi, la melodia che suona, ma.. tutto in bianco e nero e sullo sfondo di una scena fuori fuoco.
In effetti c’è un contrasto notevole tra quella che potrebbe essere, ma non è affatto, una musica allegra e l’atmosfera creata dalle voci di Steven e Chris. Di certo è qualcosa che non avete mai ascoltato in un album dei Porcupine Tree.

Four Chords That Made a Million

Il primo singolo tratto dall’album. Quando Steven ha presentato questo lavoro sulla sua pagina web ho avuto l’impressione che questo pezzo vi fosse fatto entrare a forza. Il tema, del testo, è più quello di Stupid Dream che non quello di Lightbulb Sun. Inoltre rimango convinto, unica voce fuori dal coro dei fan a quanto sembra, che non sia un grande pezzo per un singolo. Tecnicamente è ben fatto, con voce distorta e struttura molto semplice, ma Steven si concede poco a virtuosismi di suono, al contrario di ‘Piano Lessons’ che ascoltata con attenzione rivela incredibili sorprese di Richard. Insomma non credo sia il miglior pezzo dell’album.

Shesmovedon

Il secondo singolo, un gran bel pezzo. Chitarra acustica sovrapposta ad una wha-wha, batteria potente, voce multi-effettata, basso coinvolgente, atmosfera rarefatta ed evanescente sempre presente come un fantasma sullo sfondo.

Steven Wilson lo ha definito più melodico di ‘Four Chords That Made a Million’, e ci voleva poco, ma melodico non è il solo e più corretto giudizio per questo pezzo, che è anche veloce, potente, coinvolgente. Ottima scelta per un singolo, ma perché non per il primo? Supportato adeguatamente potrebbe diventare un successo con la S maiuscola.

Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled

Questa traccia è divisa in due parti – ‘Winding shot (Summer 1981)’ e ‘Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled’. La prima parte, molto corta, è cantata su una chitarra acustica, la seconda parte è quello che resta del periodo psichedelico della band, tanto che potrebbe far parte di Voyage 34 per via dello stile e della voce narrante sullo sfondo. Se durasse 7 o 8 minuti sarebbe perfetta, ma ridotta a meno di 5 minuti – prima parte compresa – lascia un senso di aspettativa e di vuoto (ma qui è il fan che parla ovviamente). Non è il pezzo più bello solo perché dura poco, l’atmosfera dilatata della seconda parte richiedeva tempi più lunghi per essere assimilata, ma è fortemente consigliato a chi ama ‘Radioactive Toy’ o ‘Dislocated Day’. Sebbene l’impressione che ne scaturisce sia “retrò”, ascoltandolo con attenzione se ne nota l’originalità dell’arrangiamento con strumenti come il Banjo.

Una domanda mi sorge però spontanea: potrebbero i Porcupine Tree essere continuamente innovativi mantenendo l’ispirazione space rock degli inizi o è effettivamente necessario per loro tagliare ogni volta i ponti col passato?
Il titolo del pezzo mi richiama alla mente un libro di Douglas Adams: “Guida galattica per autostoppisti”, nel quale la Terra veniva demolita per fare spazio ad un’autostrada.

The Rest Will Flow

Anche qui l’inizio è segnato da una chitarra acustica, ma subentrano poi anche i violini arrangiati da Dave Gregory. È la canzone più melodica dell’album, grande lavoro sulle chitarre e sulla voce da parte di Steven. Presenza massiccia di Barbieri nell’arrangiamento con un bellissimo organo Hammond, sessione ritmica come sempre all’altezza, ma i violini sono speciali!!! Veramente bella, segna la fine della prima parte dell’album un bel pezzo di chiusura, ma l’album continua.

Hatesong

Ebbene sì, da questo punto Lightbulb Sun cambia nettamente, diventando più impegnato musicalmente. Non che la prima parte fosse scadente, tutt’altro, ma la sensazione che scaturisce da questo punto è notevolmente più intensa. Avete presente ‘Dislocated Day’? No, non la versione su The Sky Moves Sideways, ma quella di Coma Divine?! Ebbene ‘Hatesong’ ha una sessione ritmica decisamente superiore il che è tutto dire, dal vivo sarà uno spettacolo assicurato.

È il pezzo più bello dell’album, secondo la mia insignificante opinione naturalmente, persino ‘Russia on Ice’ di cui dirò nel seguito non riesce ad eguagliarlo. ‘Hatesong’ è un pezzo che scuote emotivamente il titolo è quanto mai azzeccato: odio, rabbia, violenza sono le sensazioni che mi vengono in mente.
La composizione del pezzo è dovuta alla coppia Edwin-Wilson. Se normalmente apprezzo Edwin come bassista dopo questo pezzo lo devo rivalutare almeno di un altro 100%. Non si può sentire questo pezzo e rimanere indifferenti.

Where We Would Be

Anche questo brano inizia con una chitarra acustica, ma contrariamente agli altri prosegue anche in questo modo. Se vi capita di chiedervi dove sia Barbieri negli altri pezzi, ascoltate questo, dove effettivamente manca, e vi renderete conto del suo contributo.

Malgrado l’assenza di Richard il pezzo riesce comunque a comunicare un’atmosfera precisa, affidata alla chitarra acustica di Steven, ricordando molto ‘Baby Dream in Cellophane’ anche per il tema del tempo che passa e delle aspettative che ci riserva il futuro.

Russia On Ice

Ok, il pezzo clou è finalmente arrivato, ‘Russia on Ice’, 13 minuti di ottima musica, tempi lunghi per un pezzo lento alla Porcupine Tree. Strumentazione arricchita ancora dal quartetto d’archi, in realtà un sestetto in questo caso, dai Guimbri (se vi chiedete cosa siano, ammetto la mia ignoranza, ma non lo so, li suona Colin Edwin), e da Richard che suona gli insetti; ebbene sì, così hanno scritto, ma dubito della realtà del fatto, mi informerò meglio.

Ma passiamo alla musica, che è molto d’atmosfera, complessa e ben arrangiata, sorprendente, intensa e molto sperimentale, soprattutto nella seconda parte. Un pezzo d’avanguardia che, se non seguisse ‘Hatesong’, lascerebbe sbalorditi ed increduli, per quanto queste sensazioni sono già state assegnate; da sentire e risentire per scoprire ogni volta ancora tratti nuovi. Per molti sarà il pezzo di culto dell’album un po’ come ‘Tinto Brass’ in Stupid Dream.

Feel So Low

Tipico pezzo di chiusura dei Porcupine Tree, depressivo e melanconico che apre alla riflessione e si inserisce sulla scia di ‘Dark Matter’ e di ‘Stop Swimming’. Strumentazione ridotta, niente sessione ritmica ma solo chitarra, sintetizzatori e quartetto d’archi.


Conclusioni

Cos’altro si può aggiungere? È troppo presto per dire se Lightbulb Sun sia il migliore album dei Porcupine Tree. È diverso da tutto ciò che lo ha preceduto, cosa che può essere un bene o un male, ma in ogni caso è l’ennesima dimostrazione che Steven Wilson è un ottimo musicista, versatile ed innovativo, proprio quello che ha sempre voluto essere, ed è il pubblico che gli deve stare dietro; quando però è lui a volere seguire un ipotetico pubblico come in ‘Four Chords That Made a Million’, i risultati non sono particolarmente efficaci.

Se questo sarà l’album che farà conoscere i Porcupine Tree al grande pubblico nessuno può saperlo, certo non è un album “facile” e le Spice Girls non devono temere la sua concorrenza, ma a questo punto sono più i Radiohead, gli Smashing Pumpkins o quel che resta dei Verve a dovere preoccuparsi molto più che non i Pink Floyd.