Intorno alle 20 le porte si aprono, pian piano l’Estragon inizia a riempirsi, e i Demians iniziano il loro spettacolo. Mi sistemo davanti al mixer, al centro, per vedere e sentire bene. La band non mi piace per nulla, e il mio giudizio sulla loro musica è ancora più impietoso della volta che li vidi di spalla agli Anathema. Melodie davvero troppo zuccherose, a metà tra Foo Fighters più melodici, Nickleback e rock gotico melenso. Il pubblico li apprezza, ma a me annoiano parecchio.
Comunque sia quando iniziano i porcospini (intorno alle 22) nel locale c’è un sacco di gente, e il pubblico si dimostra molto variegato: si va dal metallaro al vecchio ascoltatore di prog con tanto di figli al seguito, all’ascoltatore di rock alternativo. Ce n’è per tutte le età, e per tutti i gusti.
Un’aspirapolvere rossa pulisce per bene il palco che pochi minuti dopo Wilson calcherà a piedi nudi, e l’atmosfera di grande attesa si trasforma in uno spettacolo comico che il pubblico (me compreso) accoglie con un mare di risate. Arriva l’invito a non effettuare riprese, clamorosamente poco trasgredito, nell’arco della serata. Wilson ci è o ci fa? È convinto di questi suoi deliri degni del Fripp più paranoico o si è costruito un personaggio da artista-pazzoide?! Fondamentalmente non me ne frega una mazza, mi basta la sua musica
Ecco la base trip hop di ‘Blind House’. Si capisce che stanno per arrivare.
Le luci si spengono, si parte.
Salgono sul palco e ‘Occam’s Razor’ è un’intro affascinante, grazie anche alle belle immagini onirico-psicotiche proiettate alle spalle della band. Ancora una volta Lasse Hoile ha fatto un lavoro egregio che, a parte qualche immagine psichedelica computerizzata poco efficace (un pò troppo in stile Windows Media Player), non delude per niente, e anzi contribuisce ad amplificare l’effetto della musica, risultando indispensabile.
‘The Blind House’ è la vera partenza, e scuote per la sua energia, nonostante il suono del basso sia un pò troppo alto e renda non del tutto incisive le chitarre. La voce di Wilson deve ancora scaldarsi, ma il gruppo mostra subito una buona energia. Il finale elettronico è la vera chicca della canzone. Terminato il pezzo Wilson annuncia che la prima metà dello show sarà interamente occupata dall’esecuzione del nuovo concept. Una breve pausa, poi si riparte, e da qui in poi sarà un’immersione senza attimi di respiro.
L’esecuzione del concept è praticamente perfetta (anche se la title track non mi ha convinto al 100%, un pò per la voce di Wilson che ho trovato meno onirica rispetto alla versione in studio, un pò per la base elettronica che non era dotata della necessaria pesantezza, comunque ottime le chitarre distorte e il bellissimo finale melodico), e nelle parti acustiche riesce a creare un’atmosfera davvero affascinante. 55 minuti che scorrono in un lampo, e che valorizzano ancor di più un disco riuscito. L’impressione è infatti quella che il nuovo materiale guadagni molto nella versione live, grazie ad un’ottima enfatizzazione delle atmosfere. I suoni pian piano migliorano sempre di più, la voce di Wilson si dimostra sempre superlativa, e il supporto di Wesley si dimostra davvero fondamentale. Gli intrecci vocali, da sempre importantissimi nella musica della band, riescono alla perfezione e contribuiscono a valorizzare le bellissime melodie.
Il gruppo convince sia nei momenti soft (bellissima ‘Your Unpleasant Familiy’, così come ‘The Seance’) ma anche nelle parti pesanti (ottima l’opethiana ‘Octane Twisted’, così come ‘Circle of Manias’, caratterizzata da bellissimi suoni distorti, davvero pesantissimi ma al tempo stesso ricchi di armonici e sfumature). ‘Time Flies’ guadagna mille punti, soprattutto nella parte psichedelica centrale, davvero coinvolgente. Una tempesta di suoni in continua mutazione, tra arpeggi acustici, note riverberate e un assolo acidissimo da strapparsi i capelli. Ottima la prestazione di Wilson alla chitarra, ma anche Wesley non è da meno. Gli assoli (che nell’ultimo disco sono a dir poco meravigliosi), suonati con alcune piccole variazioni, suonano magnificamente. Ma non c’è una parte non riuscita, nell’esecuzione di the Incident. Dalle affascinanti atmosfere di ‘The Yellow Wndows of the Evening Train’, breve passaggio ambient in stile Sigur Ros, accompagnato da bellissime immagini, all’arpeggio di ‘Degree Zero of Liberty’, fino alle canzoni vere e proprie, come ‘Drawing the Line’ (ottima l’alternanza di atmosfere crepuscolari e ritornello iper trascinate).
‘I Drive the Hearse’ chiude la prima metà del concerto in modo sublime. Un Brano acustico bellissimo, in certi frangenti davvero intimo, in altri epico.
Conto alla rovescia, 10 minuti.
Precisissimi rientrano e si riparte con la straordinaria ‘The Start of Something Beautiful’, uno degli apici di Deadwing, a mio parere. Psichedelia, prog, metal, tutto insieme per creare un’atmosfera unica. La band suona benissimo, sia nelle parti più tecniche, sia in quelle più intime, come la successiva ‘Buying New Soul’, canzone straordinaria introdotto dai suoni di Richard Barbieri. Chitarre acustiche e synth si abbracciano, per poi lasciare il posto alle distorsioni, nella successiva ‘Anesthetize’ (purtroppo eseguita soltanto la parte centrale). Un macigno, e il pubblico si esalta. Una canzone meravigliosa (personalmente una delle migliori mai scritte da Wilson) che, anche se monca, suona coinvolgente come non mai.
Il pubblico (parecchio numeroso) si esalta e canta a squarciagola un brano che è già diventato un classico. Si torna poi a The Incident, con la bellissima ‘Remember Me Lover’, che non delude le aspettative. ‘Way Out of Here’ è l’ennesimo macigno, che lascia interdetti alcuni vecchi fans dai capelli bianchi, ma esalta i metallari. Il finale kingcrimsoniano è straordinario. Da lacrime.
È l’ora del brano strappalacrime. ‘Lazarus’ si dimostra esaltante e il pubblico (mai vista così tanto coinvolgimento ad un concerto dei Porcupine Tree) canta ogni parola. Wilson lascia due ritornelli nelle mani del pubblico. Come dice Wilson, c’è grande entusiasmo, e questo non può che far piacere, soprattutto per una band che pian piano ha raccolto tutto quello che ha seminato, nel corso della sua carriera. La pesantissima ‘Mother and Child Divided’ chiude il concerto in modo perfetto.
Ma c’è tempo per il bis.
Wilson chiede quali canzone vorremmo sentire, poi lascia scegliere ad Harrison (ennesima dimostrazione di abilità tecnica e gusto melodico, per il batterista, che gode di ottimi suoni stasera). Il siparietto si conclude e parte ‘The Sound of Muzak’, per la gioia di moltissimi presenti. L’entusiasmo è alle stelle, ma l’apoteosi si ha con la conclusiva ‘Trains’. Siparietti comici (tra cui la presentazione dei membri della band accompagnata da musichette dementi , nell’interruzione centrale del brano), batti mani generale, per una canzone meravigliosa, ormai classica nel repertorio del gruppo.
Con le note della chitarra acustica di Wilson si conclude un concerto di due ore abbondanti, perfetto sia per quanto riguarda la prestazione della band, sia per quanto riguarda la partecipazione del pubblico. Suoni molto buoni, scaletta coraggiosa incentrata sul disco appena uscito, ma anche con alcune (ottime) b-sides, e pubblico che, soprattutto nella seconda metà, si è dimostrato caldissimo ed entusiasta. Il mio quarto concerto dei Porcupine Tree, ancora una volta una bellissima esperienza, divertente ma anche affascinante e, per l’ennesima volta, sempre diverso dal precedente.
Un gruppo eccezionale, che dal vivo conferma l’idea (anzi, la amplifica) che il mio fanatismo nei loro confronti è più che giustificato!